Te lo dice Oliunìd
12/12/2019
Cosa significano arrampicata a-vista e flash


L'arrampicata a-vista implica una serie di elementi di incertezza intrinsechi. Foto di Edelrid
Onsight, flash, lavorata: in arrampicata sportiva, quando raggiungi la sosta di una via senza cadere o senza esserti appeso, puoi decretare la validità e la tipologia della tua prestazione con una di queste definizioni. Stiamo naturalmente parlando di una salita "da primo", ovvero "lead" in inglese: man mano che l'arrampicatore raggiunge gli spit o i fittoni, passa la sua corda nel rinvio, proteggendosi in questo modo da eventuali cadute.
Tutto quello che invece viene salito con la corda "dall'alto", ovvero con la corda che è già stata passata in maniera corretta nella sosta, rientra nel "top rope", sia che la salita avvenga senza cadute al primo giro, sia che tu la conosca a memoria e stia facendo la venticinquesima ripetizione “da secondo” della tua via di riscaldamento preferita. Capita che ogni tanto ci sia un po' di confusione in merito a queste definizioni, quindi rivediamole insieme!


Arrampicare a vista significa non avere nessuna informazione sulla via che si vuole arrampicare. Edelrid
La salita a-vista
Se sei al tuo primo tentativo su una via che non hai mai provato, di cui non hai nessuna informazione (quindi della quale non hai visto foto o video), che non hai guardato dall’alto mentre scendevi dalla via di fianco e per la quale non ti vengono forniti "suggerimenti dalla regia del tuo assicuratore", stai arrampicato a vista, o per essere più social e international “onsight”. È la prestazione più ambita e festeggiata tra gli arrampicatori, naturalmente la più difficile, che solo raramente potrai permetterti di fare su vie al tuo limite estremo. Vale invece, ed anzi fa assolutamente parte del gioco, osservare la via dal basso prima di partire, cercando di intuire prese e movimenti per provare a salire nella maniera più fluida.
Le difficoltà della salita a-vista
Ci sono molti aspetti relativi alle difficoltà della salita a-vista, che sono un po’ più specifici rispetto al solo fatto di non sapere quali siano le prese e come usarle per salire senza intoppi. Ogni via è un’avventura a sé: dal momento che è quasi impossibile riuscire a provare una via vista nella propria falesia di casa (perché hai già visto qualcuno provarla, perché ti hanno parlato del movimento duro, perché ne hai visto le prese mentre scendevi da una via vicina), entrano in gioco anche aspetti legati alle incognite di un posto che non conosciamo come le nostre tasche.
Ci saranno segni di magnesite? Ci saranno delle sezioni difficili seguite da riposi buoni o sarà intensa e omogenea? Arrampicare a vista vuol dire porsi delle domande già prima di essere in falesia, ma anche fare affidamento sulla propria capacità di gestire gli imprevisti.


Basta anche solo un piccolo suggerimento per trasformare la salita in flash. Foto Edelrid
La salita flash
Se invece hai precedentemente guardato video o avuto informazioni da chi l’ha arrampicata prima di te, ma comunque sei arrivato in sosta al primo tentativo, allora l’hai salita in stile flash. Rientrano qui tutte le casistiche che puoi immaginare circa facilitazioni sulla "lettura" della via: un velocissimo consiglio sull'appoggio da usare, ma anche solo sui riposi, sulle sezioni della salita. Insomma, qualsiasi "indizio" che possa influenzare l'esito della tua salita, fa rientrare una ripetizione "al primo tentativo" in questa grande famiglia delle salite "flash". Anche se non ha il prestigio della Onsight, resta comunque una grandissima soddisfazione.
C’è da aprire una parentesi sulle salite flash: molte volte, mentre si sta arrampicando a vista, giungono da terra, da chi sta arrampicando su una linea a fianco o semplicemente dal cielo, consigli non richiesti su come andare avanti nella via. Per chi sta facendo un tentativo a vista, non c’è niente di peggio che ricevere un’indicazione chiara e lampante su come risolvere un movimento, per quanto possa sembrare in un momento di difficoltà. Ricordiamoci che se non sappiamo se qualcuno sia partito a vista o no, è sempre meglio non intervenire.


Quando si scala a vista si dà il 100%.
Il lavorato e il super lavorato
Tutti gli altri tentativi, dal secondo al millesimo sono salite "lavorate" (in gergo da falesia “al secondo, terzo, quarto giro”). È a discrezione di ogni arrampicatore decidere fino a quando possa meritare il conteggio dei giri (se ad esempio stai provando una via per te estrema, anche salirla all’ottavo giro è un ottimo risultato; c’è invece qualcosa che non va se chiudi all’ottavo giro una via “di riscaldamento”). Da un certo punto in avanti si dice che la via è stata “super lavorata”.
Anche in questo caso gli aspetti mentali che entrano in gioco non sono banali. Ognuno sviluppa una propria tolleranza alla frustrazione ed è naturalmente libero di decidere quanto andare avanti a provare una via al proprio limite e quando lasciare perdere per dedicarsi ad altro. Spesso gli arrampicatori “pro” utilizzano la “regola dei singoli”: se riesco a risolverli tutti, allora posso concatenarli e riuscire a fare la via. Ça va san dire, non è sempre così matematico.
Gli errori più comuni quando si sceglie come affrontare una via
Molto spesso l’arrampicata a vista viene fraintesa con il partire “a muerte” su una via che potrebbe essere considerata di riscaldamento, ma che è invece già discretamente impegnativa per chi la arrampica. Se ad esempio scali tranquillo sul 7a, può aver senso scaldarsi a vista su un 6a; se il tuo grado massimo è il 6b, scaldarsi a vista su un 6a potrebbe non essere un inizio di giornata ottimale.
Il buon senso ci porta a pensare che si riesce ad arrampicare a vista sul proprio grado massimo un giorno su mille di arrampicata. Riuscire ad arrampicare al proprio limite sul 7a vuol dire che riuscire ad arrampicarne uno a vista è una prestazione memorabile. Bisogna quindi avere molta consapevolezza delle proprie capacità e tarare i propri obiettivi on-sight tenendo a mente questo punto di partenza.


Nel boulder non esiste la salita a-vista. Foto di Francesco Campana
E nel boulder?
Per quanto ci siano dei rari casi in cui non si riescano a vedere tutte le prese dalla base del boulder, non ci siano segni di magnesite o di scarpette a indicarci appigli e appoggi, nel boulder non esiste la salita onsight. Questo nasce dall’esigenza di rendere omogenea la valutazione (non posso dire che sia onsight solo perché in quel determinato boulder non si vedono le prese da usare per ribaltarsi in cima), partendo da presupposto che è quasi sempre possibile vedere e toccare la maggior parte delle prese pur restando con i piedi per terra (immaginiamo un traverso in tetto a pochi cm da terra).
La cosa curiosa è che nelle competizioni vige la regola inversa: siccome gli atleti scalano su boulder che non hanno mai visto prima e senza aver potuto vedere gli altri arrampicatori provarli, soprattutto nelle fasi finali si dice che l’atleta ha scalato un boulder “a vista” quando lo risolve al primo tentativo.
Foto di copertina: ©Brent Doscher, Patagonia











